Possibile concessione di una seconda proroga del termine per l’adempimento della prescrizione ex art. 318-ter D.lgs. n. 152/2006 in presenza di documentate circostanze “non imputabili al contravventore” che determinano il ritardo.
Come è noto, gli articoli 318-ter e 318-quater del D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (c.d. Testo Unico Ambiente o anche solo “TUA”) prevedono che allo scopo di eliminare la contravvenzione accertata, la polizia giudiziaria possa impartire al contravventore un’apposita prescrizione con la quale impone specifiche misure atte a far cessare la condotta o la situazione di pericolo (o potenzialmente pericolosa) che costituisce reato e che risulta conseguenza della contravvenzione accertata. L’organo accertatore è comunque tenuto a riferire al pubblico ministero la notizia di reato relativa alla contravvenzione accertata.
La prescrizione deve essere asseverata tecnicamente da un ente specializzato competente nella materia trattata quando diverso dall’organo di vigilanza (ad esempio, dall’ARPA rispetto ad una contravvenzione accertata dal Corpo di Polizia Municipale). L’asseverazione non sembra necessaria, in caso di sopralluogo e accertamento svolto da un corpo od organo (non riconducibile a un’amministrazione statale) quando agisca nell’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria ai sensi dell’articolo 55 c.p.p.
La prescrizione è impartita indicando un termine entro il quale deve avvenire la regolarizzazione; termine che deve essere “non superiore al periodo di tempo tecnicamente necessario”.
Dopo la scadenza del temine fissato nella prescrizione (e al più tardi entro sessanta giorni dalla scadenza dello stesso) l’organo accertatore verifica se la violazione è stata eliminata secondo le modalità indicate dalla prescrizione e, inoltre, “nel termine” indicato dalla stessa.
Con l’adempimento il contravventore è ammesso a pagare in sede amministrativa (entro trenta giorni) una somma pari ad un quarto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione, ai fini dell’estinzione del reato.
A seguito dell’introduzione del comma 4-bis all’art. 318-ter (ad opera del D.L. 30 aprile 2022, n. 36, in G.U. 30 aprile 2022, n. 100, conv. con modificazioni dalla L. 29 giugno 2022, n. 79) a tale somma andranno aggiunte anche le spese di procedimento (dovute all’attività di asseverazione tecnica fornita dall’ente specializzato o per la redazione della prescrizione).
Sia l’adempimento che il pagamento della somma vengono comunicati al Pubblico Ministero che formulerà al Giudice per le Indagini Preliminari richiesta di archiviazione per sopravvenuta estinzione della contravvenzione – ossia come se la stessa non fosse mai avvenuta – a seguito della suddetta procedura di oblazione ‘amministrativa’.
Poiché l’art. 318-bis TUA prevede che le disposizioni degli articoli 318-ter e 318-quater del medesimo decreto si applicano alle ipotesi contravvenzionali in materia ambientale previste dal TUA si sostiene che tale procedura speciale di oblazione sia applicabile ai casi nei quali non si può applicare la c.d. oblazione ‘penale’ prevista dall’art. 162-bis c.p., vale a dire nei casi di contravvenzioni punite con la pena alternativa dell’arresto e della ammenda, come è il caso, ad esempio, del deposito incontrollato di rifiuti pericolosi (art. 256, comma 1, lett. b), TUA).
In caso di inadempimento o mancato pagamento, anche solo nei termini, il procedimento penale iscritto a seguito della comunicazione della notizia della contravvenzione proseguirà il suo corso non avendo più il contravventore la possibilità, a rigore, di accedere alla procedura di oblazione ammnistrativa ora illustrata.
È tuttavia previsto che, quando sopraggiungono circostanze che determinano un ritardo nella regolarizzazione, il contravventore può chiedere una proroga del termine purché le circostanze che lo hanno determinato (i) siano “specifiche e documentate”; (ii) siano a lui “non imputabili”.
In tal caso, però, il termine può essere prorogato “per una sola volta” e comunque “per un periodo non superiore a sei mesi” con provvedimento motivato dell’organo accertatore comunicato immediatamente al Pubblico Ministero.
In più occasioni dunque gli organi accertatori, seguendo pedissequamente la lettera delle legge, hanno negato la concessione di una seconda proroga, quand’anche il ritardo nell’adempimento è comprovato da documentate ragioni non imputabili al contravventore.
Tale interpretazione non pare rispondente, però, alla ratio della disposizione.
Occorre anzitutto premettere che, ai sensi dell’art. 318-bis TUA, la procedura di oblazione degli articoli 318-ter e 318-quater TUA ‘scatta’ soltanto nel momento in cui la contravvenzione non ha cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette. Pertanto, una seconda proroga non si pone in necessario contrasto con le ragioni di urgenza e di tutela che naturalmente potrebbero essere concretamente ben ponderate dall’organo accertatore anche in sede concessione di una proroga ulteriore alla prima.
Inoltre, come pacificamente riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità, il meccanismo estintivo delle contravvenzioni previste e punite dal D.lgs. n. 152/2006 segue lo stesso schema procedurale delineato dal D.lgs. n. 758/1994, artt. 19 e ss., per le contravvenzioni in materia di sicurezza e igiene del lavoro e, in particolare, l’art. 318-ter è, per quanto di interesse, sostanzialmente sovrapponibile all’art. 20 D.lgs. n. 758/1994;
L’art. 20 del D.lgs. n. 758/1994 prevede che il termine per la regolarizzazione, ancorché già prorogato un prima volta per la particolare complessità o per l’oggettiva difficoltà dell’adempimento, possa essere ulteriormente “prorogato per una sola volta, a richiesta del contravventore, per un tempo non superiore ad ulteriori sei mesi” quando “specifiche circostanze non imputabili al contravventore determinano un ritardo nella regolarizzazione”.
Dunque dalla sostanziale sovrapponibilità dei procedimenti estintivi dovrebbe discendere la possibilità di mutuare, anche nella materia che ci occupa, i medesimi consolidati principi di diritto affermati dalla Cassazione in relazione alle prescrizioni impartite a norma del D.lgs. n. 758/1994, artt. 20 e ss., non essendo ragionevole ritenere che l’interesse a tutelare l’ambiente (indirettamente l’uomo) abbia maggiore impellenza rispetto alla tutela diretta dell’incolumità del lavoratore e per questo, solo nel primo caso, si giustifichi un minor tempo per la regolarizzazione della prescrizione.
Ed invero, l’orientamento giurisprudenziale pare andare verso la direzione qui auspicata, vale a dire che le conclusioni che si raggiungono in forza dell’analisi condotta sulla normativa in materia di igiene e sicurezza sul lavoro “devono automaticamente estendersi alla procedura di cui al D.lgs. n. 152 del 2006, art. 318 bis, e ss.” essendo infatti quest’ultima costruita sul medesimo meccanismo previsto dalla normativa di cui al D.lgs. n. 758/1994 e, dunque, ne segue anche l’interpretazione (così Cass. pen., sez. III, n. 36405/2019; in senso conforme cfr. Cass. pen., sez. III, n. 49718/2019; Cass. pen., sez. III, n. 36405/2019; Cass. pen., sez. III, n. 7220/2019; Cass. pen., sez. III, n. 19986/2021; Cass. pen., sez. III, n. 24633/2021).
Per questi tali motivi dovrebbe potersi riconoscere, anche nell’ambito della procedura estintiva di cui al D.lgs. n. 152/2006, la possibilità di concessione di una seconda proroga del termine per l’adempimento della prescrizione in presenza di specifiche circostanze documentabili “non imputabili al contravventore” che determinano un ritardo nella regolarizzazione e in base ad un ponderata valutazione della concreta situazione da parte dell’organo accertatore, che ben potranno essere rappresentate in un provvedimento di proroga adeguatamente motivato.
Autore: Avv. Luigi Scudieri
Categorie: diritto penale – diritto penale dell’ambiente – giurisprudenza